I fattori imponderabili intorno alla Brexit sono molti e nei giorni successivi al referendum non sono certo diminuiti. Oltre all’incertezza riguardo alla tabella di marcia della Brexit, pesano anche il vuoto di potere nel Regno Unito, i dissidi interni al partito e le congetture in merito alla/e reazione/i (nella) dell’UE.
Per le imprese esportatrici svizzere l’uscita dei britannici dall’UE rappresenta un fattore d’incertezza in più in un’economia mondiale di per sé già parecchio instabile e continuamente minata nella sua crescita da nuovi focolai di crisi.
Questo fattore d’incertezza ha il suo peso. Il Regno Unito è pur sempre per la Svizzera il sesto mercato d’esportazione al mondo (volume: CHF 13,1 miliardi / esclusi i metalli preziosi). Una destinazione d’export che proprio negli ultimi anni ha acquistato importanza – grazie alla solida crescita economica e alla sterlina relativamente forte.
La sterlina al suo minimo storico
Dopo la Brexit il cambio GBP-CHF non è più tanto favorevole. La sterlina britannica ha subito un forte deprezzamento rispetto al franco svizzero. In altre parole: il potere d’acquisto britannico è diminuito ed è aumentata di conseguenza la sensibilità ai prezzi. Questo avrà presumibilmente ripercussioni negative sui consumi e sulla propensione agli investimenti. Ma la situazione presenta anche alcuni vantaggi, in primo luogo per le imprese che producono in loco per l’esportazione.
Secondo un sondaggio il 40% delle imprese svizzere dà per certo che la Brexit avrà ripercussioni negative sugli affari con il RU, ma la maggioranza (55%) non prevede contraccolpi, se non lievi, nella sua attività oltremanica.
Misure preventive
Anche se gli impatti della Brexit sono ancora difficilmente stimabili, le imprese esportatrici svizzere possono intanto prepararsi ad affrontare eventuali rischi adottando misure preventive. Lo Swiss Business Hub UK consiglia ad esempio:
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di analizzare attentamente i rischi monetari CHF-GBP nell’impresa e di tenerli costantemente sotto controllo (a inizio luglio la sterlina è crollata a un minimo storico)
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di cercare il contatto e la comunicazione con i clienti e i fornitori nel RU e di approfondirli ove possibile e necessario
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di analizzare i rischi a cui sono esposti i clienti aziendali nel RU a seguito della Brexit per essere pronti ad esempio a eventuali cali di ordinativi
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di verificare la catena del valore aggiunto che include il RU per individuare eventuali punti deboli
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di verificare gli attuali legami giuridici e contrattuali nel RU e modificare eventualmente le attuali modalità
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di considerare per tempo eventuali costi aggiuntivi e un onere amministrativo maggiore a causa di controlli doganali più rigidi, nuove norme e regolamenti e la reintroduzione di tasse (p.e. dazi doganali)
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di preventivare in futuro un onere amministrativo più elevato per il reclutamento del personale e per l’invio di collaboratori nel RU
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di monitorare il panorama fiscale.
Questioni aperte
Al momento non è possibile prevedere quali saranno le industrie e i settori maggiormente colpiti dalla Brexit nel RU. È tuttavia noto che prima del referendum sono stati soprattutto i settori life sciences, automotive e aerospaziale ad appoggiare la permanenza nell’UE. Probabilmente a giusto titolo.
Vi sono altre domande riguardo alle ripercussioni della Brexit a cui non attualmente non si trovano risposte o si trovano solo risposte parziali. Le supposizioni rimarranno ancora a lungo. Prima che siano conclusi i negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’UE saranno trascorsi almeno due anni. Due anni dunque in cui permarrà lo status quo, perlomeno per quanto riguarda il rapporto contrattuale e giuridico con l’UE. Rimane l’incertezza riguardo al futuro. E resterà finché il Regno Unito non avrà riorganizzato e regolato in modo vincolante il suo rapporto con l’UE (e con la Svizzera).
Brexit: la situazione si complica per gli esportatori svizzeri