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Presto il peggio sarà passato

Intervista a Daniel Küng. Per le PMI svizzere orientate all’esportazione il CEO di Switzerland Global Enterprise vede numerosi spiragli di luce all’orizzonte.

Intervista: Denise Weisflog. L’intervista è apparsa nell’inserto speciale “Aussenwirtschaft“ all’Handelszeitung del 23 marzo 2016 (allegata qui in formato PDF).

Mi sembra più fiducioso di quanto non ci si possa aspettare, dopo un 2015 critico.

Daniel Küng: in ogni minaccia si nasconde anche un’opportunità. Il 2015 è stato un anno difficile per la nostra economia. A causa del franco forte i margini si sono inevitabilmente ridotti. Tutto questo ha fatto sì che le imprese si siano viste costrette a ripensare con ancor più attenzione la loro posizione futura. Hanno dovuto aumentare la produttività e lanciarsi su nuovi mercati per uscire dalla trappola dell’euro. Questo sviluppo, nel medio termine, ha però i suoi vantaggi perché, tutto sommato, rafforza la competitività in ambito nazionale.

Il 15 gennaio 2015 è stata la giornata più nera dello scorso anno.

Certamente. Non bisogna dimenticare che l’apprezzamento del franco sull’euro, passato da 1,20 all’attuale 1,09, è solo la seconda fase di un lungo processo. Nel 2008 l’euro valeva ancora 1,65 franchi. Le PMI hanno dovuto aumentare enormemente la loro produttività per poter resistere con un cambio a1,20 franchi. E poi è arrivata la stangata, quando il cambio è sceso a 1,10 franchi. Cosa che non va sottovalutata.

Alcune PMI sembrano non essersi riprese dallo shock del franco, rimanendo in uno stato di immobilismo.

Al contrario. In un caso su due siamo rimasti addirittura meravigliati per quanto rapidamente e bene le PMI abbiano saputo reagire all’abolizione del corso minimo con l’euro. Un esempio: è nostra abitudine effettuare dei sondaggi su base trimestrale e annuale. All’inizio del 2015, le PMI esportatrici intervistate che avevano come obiettivo l’apertura a nuovi mercati lucrativi erano circa il 20%. Alla fine del 2015, oltre il 40% delle imprese intervistate volevano aprirsi a nuovi mercati.

C’è stato quindi un cambio di mentalità?

Sì. Dire che le nostre imprese sono statiche è sbagliato. Noi le vediamo dinamiche, flessibili e capaci di adeguarsi alla situazione.

C’è qualcos’altro che preoccupa le nostre PMI, oltre alla forza della nostra moneta?

Quello che le nostre imprese auspicano è un chiarimento dei rapporti bilaterali con l’UE. Finchè questo non avviene, rimarrà aperta la questione dell’assunzione di personale qualificato. Le imprese si sentirebbero più sollevate se conoscessero gli sviluppi futuri. Inoltre, si augurano che non si esageri con le limitazioni dovute alle varie regolamentazioni.

E quando si arriverà a questo chiarimento?

Sono questioni politiche che presuppongono consultazioni nelle quali Switzerland Global Enterprise non è coinvolta. Sembra però che l’Europa trarrerà con la Svizzera solo dopo che sarà stata chiarita la situazione con la Gran Bretagna.

Poco fa lei ha accennato alle varie regolamentazioni: quali tra queste causano particolare sofferenza alle PMI?

Tutte quelle che comportano oneri supplementari senza creare in cambio maggiori proventi. Se il rapporto con l’Europa non dovesse essere chiarito, le esportazioni verso l’UE potrebbero inoltre diventare più complicate.

Lo scorso anno le esportazioni sono diminuite del 2,6%. Si aspettava una riduzione maggiore?

Noi avevamo preventivato una netta contrazione delle esportazioni verso i Paesi della zona euro, esportazioni che di fatto sono diminuite del 6,7 %. Al netto dell’inflazione, la diminuzione è stata però nel complesso nettamente inferiore, attestandosi soltanto, per tutte le esportazioni, allo 0,7 %. Ed è proprio questo il problema: gli svizzeri hanno dovuto abbassare i prezzi per poter continuare a vendere all’estero, soprattutto nella zona euro. La vera cattiva notizia, quindi, è che i margini si sono ridotti. E senza margini le PMI non possono investire, e questo significa che domani non ci sarà più innovazione. È questo meccanismo che mi preoccupa. È nostro dovere aiutare le imprese a migliorare la situazione legata ai margini, affinché possano restare competitive nel lungo termine.

Come vuole realizzare ciò?

In quanto consulenti promotori dell’internazionalizzazione è nostro compito indicare alle PMI i mercati non legati all’euro ai quali potrebbero guardare per diversificare il loro portafoglio di mercati d’esportazione. Abbiamo svolto un lavoro enorme per aiutare le imprese in questo campo, con ottimi risultati. Molte imprese hanno avuto accesso a nuovi mercati insieme a noi e ci sono riconoscenti per essere riuscite in questo modo a mitigare il rischio unilaterale della zona euro.

Altri interventi?

Sì. Tre anni fa Switzerland Global Enterprise ha avviato un programma finalizzato a rendere più accessibili per le PMI i diversi accordi di libero scambio. Abbiamo analizzato i singoli accordi per capire in quali settori vengono applicati e in che misura. Dove vediamo che la percentuale di utilizzo è più bassa cerchiamo di focalizzare l’attenzione delle imprese e di sensibilizzarle ai vantaggi che possono trarne e ai percorsi da seguire per risparmiare sui dazi e ridurre i prezzi dei loro prodotti sul mercato target. Tutto questo organizzando campagne di sensibilizzazione ed eventi informativi.

Altre attività?

Cerchiamo di mostrare alle PMI le tendenze del futuro a lungo termine. Lo scorso anno abbiamo dato particolare risalto a un fenomeno che sta interessando soprattutto l’Asia, ovvero la crescita del ceto medio. Abbiamo spiegato quali sono le opportunità derivanti e in quali settori, nonché quali sono i passi che le PMI devono mettere in atto per trarre beneficio da questo sviluppo.

E quest’anno?

Nel 2016 Switzerland Global Enterprise punterà sulla trasformazione digitale, evitando però di mettere in campo degli slogan. Intendiamo piuttosto spiegare chiaramente alle PMI cosa possono fare in concreto e come fare il primo passo. Per esempio incaricare un collaboratore di occuparsi del tema all’interno dell’impresa. Oppure iniziare fin d’ora a digitalizzare le esportazioni con l’online marketing all’estero. A questo proposito è nostra intenzione collaborare con i nostri partner per fornire alle PMI una consulenza pratica mettendo alla prova questa nostra iniziativa proprio in occasione del Forum del commercio estero di quest’anno, che si terrà il 21 aprile 2016.

C’è stato anche qualche sprazzo di luce l’anno scorso?

Uno è stato l’apertura dell’Iran, un Paese dove la Svizzera è ben posizionata. Lo dimostrano anche i risultati piacevoli che una delegazione economica, al seguito del Presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann, ha recentemente portato a casa dall’Iran. Le potenzialità sono notevoli. Resta naturalmente una timida luce su un orizzonte ancora buio e per le PMI il peggio non è ancora passato. Al momento è in corso un cambiamento strutturale. Certo, i problemi non sono ancora risolti, però ciò che si delinea all’orizzonte è molto più di una timida luce. Vediamo che i portafogli ordini delle imprese ricominciano a riempirsi. Vediamo un’economia in forte espansione intorno alla Svizzera. Vediamo sempre più aziende che diversificano le loro esportazioni guardando al di fuori della zona euro. Inoltre dobbiamo dire che per quanto riguarda il processo di digitalizzazione le PMI svizzere godono di una posizione eccellente, senz’altro migliore di quella di molti dei loro concorrenti all’estero. Siamo ancora in un momento di difficoltà, ma ci sono segnali che indicano che presto ne usciremo. Nel medio termine le prospettive sono positive.

Secondo quanto sostiene Credit Suisse, i mercati che attualmente offrono le migliori opportunità sono l’Asia, gli USA e la Gran Bretagna.

Secondo noi, a questi bisogna aggiungere anche il Medio Oriente.

Ma allora, una PMI che si focalizza unicamente sull’Europa oggi non ha più nessuna possibilità?

Non lo direi. Dipende sempre dai prodotti che offre e dalle nicchie di mercato a cui si rivolge. Alcune imprese vanno molto bene anche lavorando solo con la Germania o la Francia. Se però osserviamo il quadro generale vediamo che attualmente gli USA rappresentano un mercato d’esportazione in forte crescita mentre l’Asia è destinata a svilupparsi in maniera massiccia nel medio e nel lungo termine.

La Cina, però, sta perdendo colpi.

Io la vedo in maniera molto diversa. Al momento la Cina sta forse attraversando una depressione congiunturale e deve risolvere alcuni problemi. Come qualunque altro Paese, d’altronde, che ha avuto una crescita così forte. Tuttavia, la Cina è e resta un grosso pilastro dell’economia globale. In generale, grazie al suo nuovo ceto medio e al conseguente spostamento dei consumi la Cina sarà una regione di grande importanza nel medio e lungo termine. Anche il Medio Oriente sta crescendo enormemente. Oltre all’Iran, ci sono anche altri mercati con un buon potere d’acquisto, pensiamo agli Stati del Golfo e all’Arabia Saudita. Nel medio e lungo termine risulta molto interessante, per una PMI, operare in questi mercati in crescita. Questo non significa però che non ci siano società di nicchia che fanno ottimi affari concentrandosi unicamente sui mercati europei e che in Asia probabilmente non avrebbero neanche mercato. Sono cose che vanno sempre considerate su base individuale.

Quali sono i settori in cui l’Asia offre potenzialità particolarmente buone?

Attualmente, in tutto il mondo si contano 2,5 miliardi di consumatori del ceto medio. Tra 15 anni saranno circa 5 miliardi, la maggior parte dei quali in Asia. È in corso quindi un notevole spostamento dei consumi. Oggi i due terzi circa delle spese per i consumi si fanno in America settentrionale e in Europa, tra 15 anni questo valore sarà quello dell’Asia.

Che significa questo?

La crescita del ceto medio porta con sé numerosi cambiamenti, tra questi l’invecchiamento della popolazione. Di conseguenza occorre potenziare l’assistenza medica, costruire ospedali, approvvigionare apparecchiature medicali e farmaci. La crescita del ceto medio significa inoltre aver bisogno di maggiori servizi per il tempo libero. Assisteremo poi anche a un fenomeno di urbanizzazione, e ci sarà bisogno di tecnologie Clentech, di soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue, di edilizia intelligente, di infrastrutture per i trasporti e di approvvigionamento di energia. Tutto questo può andare a vantaggio delle imprese svizzere che operano in questi settori, se i prodotti che offrono sono quelli giusti.

Cosa significa questo per le singole categorie di prodotti?

Tutto ciò che ha a che fare con le infrastrutture, dall’assistenza medica ai servizi legati all’istruzione al tempo libero, passando dalle apparecchiature di precisione e dalla trasformazione delle derrate alimentari. Sono questi i settori che ne trarranno maggiore vantaggio.

Dove sono le insidie dell’internazionalizzazione?

Aprire un nuovo mercato è sempre una grande sfida, soprattutto per le aziende più piccole. Le imprese più grandi hanno le strutture adeguate ed eventualmente anche già dei partner con cui possono aprirsi ad un nuovo mercato. Una piccola PMI, invece, deve cominciare tutto da zero. Accedere ad un mercato è difficile, ma proprio per questo c’è Switzerland Global Enterprise. Siamo qui per fornire alle imprese informazioni sui singoli Paesi, per fornire loro consulenze, per accompagnarle e aiutarle a trovare partner nei nuovi mercati. Le accompagniamo fintanto che non avranno raggiunto una buona posizione.

In linea di principio, quindi, anche una piccola impresa può entrare in un mercato come quello iraniano se offre i prodotti giusti?

E se ha la giusta impostazione. Conosco piccole imprese che hanno già avuto successo Paesi completamente diversi. Cresce anche il numero delle cosiddette Born Global e start-up che fin dall’inizio beneficiano della grande internazionalizzazione e della digitalizzazione. Si tratta in molti casi di imprese composte da due o tre persone che tramite internet esportano in tutto il mondo.

Un anno e mezzo fa è entrato in vigore l’accordo di libero scambio con la Cina. Qual è il suo bilancio provvisorio?

Si tratta in un accordo particolare che non abbatte tutti i dazi in un colpo solo, ma lo fa gradualmente nell’arco di 15 anni. Per questo motivo è difficile fare ora un bilancio. Molti settori per esempio non ne hanno potuto beneficiare. Molte persone che ne sono state coinvolte fin dall’inizio ci danno riscontri positivi. Io penso che questo accordo si rivelerà estremamente importante nel medio e lungo termine. Abbiamo commissionato uno studio nel quale è stato calcolato che entro il 2028 si potranno risparmiare circa 5,8 miliardi di franchi di dazi doganali, pari a quasi l’1 % del nostro PIL – un’enormità.

Altri accordi di libero scambio sono in divenire. Quali sono i più importanti?

Personalmente, a me interessano in particolare l’India e l’Indonesia. In entrambi i casi si tratta di mercati enormi e promettenti, con potenzialità gigantesche. In India soprattutto nei settori delle infrastrutture, delle macchine, delle apparecchiature di precisione e della tecnologia medica. L’Indonesia ha più di 250 milioni di abitanti, e offre opportunità enormi per l’industria manifatturiera, considerato che attualmente tutto viene esportato allo stato grezzo. Per questo ci vogliono tecnologie e apparecchiature di precisione.

Che possibilità ci sono per un’unione doganale con la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan?

La Russia è anch’essa un importante mercato per la Svizzera, al momento, a causa della crisi e delle sanzioni, non è in primissimo piano ma sicuramente tornerà ad essere importante.

Che prospettive per il futuro hanno le PMI svizzere orientate all’esportazione?

La trasformazione digitale offre potenzialità enormi, tant’è che le imprese svizzere, in ragione del loro continuo adattamento a un franco in crescita, si trovano già impostate in modalità di trasformazione. Affrontare la prossima sfida, quella della digitalizzazione, per loro sarà dunque più facile. E questo ritengo sia un enorme vantaggio. Aggiungiamo poi che la manodopera specializzata svizzera ha un’ottima formazione, il nostro Paese ha degli standard tecnologici altissimi, abbiamo collegamenti in rete a livello internazionale e le nostre PMI sono posizionate al meglio. Nel campo della digitalizzazione siamo senz’atro in pole position.

È sufficiente?

La seconda, grossa opportunità la vedo nel nostro ceto medio in crescita. Difficilmente si può trovare un altro Paese che gode di una rete economica internazionale come quella svizzera, che detiene quasi il 5%degli investimenti diretti mondiali. Ora si tratta di aprire nuovi mercati di sbocco ma che siano quelli giusti, per beneficiare in tal senso di queste interconnessioni. E siamo in grado di fare ciò meglio dei nostri Paesi limitrofi.

Quali altri sviluppi positivi vede?

L’industria svizzera continua a sviluppare la propria produttività. Abbiamo un’economia estremamente concorrenziale, e negli ultimi due – tre anni moltissimo è stato fatto. Nel lungo termine questo volgerà a nostro vantaggio.

Il TTIP, il previsto accordo transatlantico di libero scambio tra gli USA e l’UE, potrebbe però compromettere nuovamente le sue prospettive.

C’è senz’altro la possibilità che la Svizzera possa aprirsi e allora per i nostri esportatori non ci saranno svantaggi rispetto ai concorrenti europei. Dobbiamo aspettare e vedere come evolvono queste trattative, e poi vedremo.

Il suo personale auspicio per il futuro?

Che la Svizzera possa diversificare ulteriormente le proprie relazioni commerciali internazionali e che la dipendenza dalle esportazioni verso l’UE possa ridursi. Che non significa assolutamente che si debba dimenticare l’UE. Bisogna solo ampliare il portafoglio aggiungendo nuovi mercati. La seconda cosa che mi auguro avvenga è che i fattori d’incertezza che gravano sull’economia svizzera possano essere chiariti al più presto, così sapremo cosa ci aspetta. Infine, mi rallegro per le tante soluzioni interessanti che le nostre PMI senz’altro sapranno trovare per digitalizzare i loro affari internazionali.

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